DdM è una nuova band dall'Italia, il cui marchio sinfonico nitido e complesso di rock progressivo, è una benvenuta aggiunta a quella musica piuttosto sovra-prodotta che la maggior parte delle nuove band esibisce. Il loro sound rimanda indietro principalmente ai primi anni 70, stile Genesis, Camel, King Crimson e VdGG ma fatto in maniera originale, come se loro fossero parte di quella scena piuttosto di cercare di ricrearla. Il Cd di debutto contiene 5 brani cantati sia in inglese sia in italiano, che durano da quasi 6 minuti ad oltre 13 minuti, con il tempo tolale di circa 49 minuti (che è una perfetta durata per un Cd -secondo me-). Il primo brano, "Allegro con brio", è principalmente costruito com un pezzo strumentale che ha delle liriche molto accattivanti cantate in inglese nel finale. Le due epiche "Aria e vento" e "5/5/1555" sono sinfonie dal suono simile ai Camel (Mirage), specialmente "5/5/1555" nel modo di suonare la chitarra e nell'intro. "Phoebus" è un'altra traccia (il secondo pezzo cantato in inglese) accattivante e talvolta scomoda nello stile malinconico e ronzante del cantante, che ha un qualcosa di Man-erg dentro. Potrebbe essere una canzone interessante da ascoltare in cuffia, al buio nella tarda notte?!? Il pezzo centrale del Cd è uno strumentale molto bello, "Melodia di fine autunno". La chitarra qui è suonata magnificamente, una delle cose migliori che ho ascoltato negli ultimi tempi. Raccomando altamente questo disco agli amanti del prog, specialmente a quelli che amano melodie fatte dal cuore, o che vogliano ricrearsi. Ron
Non potendo a malincuore inserire questo lavoro nella sezione “Record News” in quanto trattasi, in effetti, di un demo, la domanda sorge spontanea: perché aspettare una major quando il disco in questione è pronto da un anno? “Il manuale dei piccoli discorsi” è un album molto professionale, dai tratti definiti e incisivi. Questa band abruzzese alla sua prima esperienza dimostra già ampiamente di possedere un tocco da veterano. Già la copertina ci introduce al surrealismo di Magritte, cui questo lavoro è in parte ispirato, e ci accompagna in un magico viaggio sonoro dove reminiscenze seventies (P.F.M. in testa) ci solleticano il palato con tanto di sperimentazioni ad hoc. Cinque i brani che compongono il CD, alcuni in lingua madre, altri in inglese, suggellano questo piccolo capolavoro dai suoni mediterranei. Un altro disco “regressive”? Si, se volete, con tanto di tastiere violini, flauto dolce e chitarre acustiche. Non per nulla Franz Di Cioccio si è interessato personalmente al gruppo cercando di promuoverlo. Ma allora sempre le solite cose? Non proprio, i suoni sono attualissimi, il disco sembra svecchiato, o quantomeno è registrato così bene da far accapponare la pelle… se la Premiata suonasse ancora così… Roberto Cangioli
Probabilmente, questa è la prima volta che ricevo un CD promo dall’Italia di puro progressive rock. Stilisticamente le Distillerie di Malto mi ricordano un po’ il Banco del Mutuo Soccorso, la PFM ed altre band italiane con qualche influenza di prog britannico alla King Crimson, Camel, Jethro Tull e via dicendo. Principalmente, le Distillerie di Malto offrono un nostalgico e melodico prog rock italiano costruito con chitarre rock centrali su una base di tastiera con energiche sezioni ritmiche. Lo stile vocale di Fabrizio Pellicciaro è molto armonioso e dà una certa tranquillità specialmente nella serie centrale. Ci sono molti movimenti interessanti: parti veloci, sezioni lente ed acustiche, molti mellotron “retrospettivi” ed analoghi synth/organi/moogs eccellenti intervallati da un buon numero di flauti e da ottimi suoni di chitarra. Negli ultimi anni abbiamo trovato molte buone uscite prog in Italia. Per esempio DFA, Deus Ex Machina e Finisterre. Le Distillerie di Malto dovrebbero essere incluse in questo nuovo movimento di “modern-retro” prog. Se siete fan del rock sinfonico o del progressive italiano, allora le Distillerie di Malto stuzzicheranno il vostro gusto. Nel caso delle uscite italiane, io di solito preferisco il Prog Metal di band come Madsword, Evil Wings, Arkhe, e Scenario. Comunque, i prodotti italiani come le Distillerie di Malto o i Deus Ex Machina mi ridestano l’interesse nelle prog band italiane, dato che l’Italia è conosciuta come il Paese che ha dato i natali a grandi gruppi come Le Orme, il Banco, la PFM, i New Trolls, gli Area e altri giganti… Sfortunatamente, non comprendo l’italiano e non ho idea dei loro testi, ma la loro musica mi sembra avere un proprio liricismo e una sua atmosfera fantastica. Appena ho visto la copertina de Il manuale dei piccoli discorsi, il tema e il concetto sono stati relazionati ad un certo “scenario esterno”, estremamente identico al quadro sullo sfondo… nel disco c’è un senso di “fuori dai confini” tra lo scenario dipinto e quello esterno che è lo stesso del quadro. Mentre si ascolta la musica, Il manuale dei piccoli discorsi attira lentamente l’ascoltatore verso le immaginarie scene atmosferiche svelate dal loro mondo. Strumentalmente sono molto solidi. Sanno come suonare pezzi complessi ed eccitanti, senza mostrare troppo ridondanti virtuosismi tecnici. Il suono complessivo è nostalgico e molto d’effetto. Allo stesso tempo, mi piacciono le loro combinazioni di approcci strumentali “thrilleggianti” con occasionali tempi dispari alternati a parti melodiche in puro stile italiano. Vorrei poter leggere i testi e capire il significato delle parole italiane.   Un album progressive dall’Italia veramente ben fatto.    Tetsu Hamanaka
Per quanto ne sappia, Il manuale dei piccoli discorsi è l’album di debutto della prog-band italiana Distillerie di Malto, che suona insieme dagli anni ‘80.  L’album è quasi completamente ispirato dagli anni ’70 – a proposito, non ci sono molte innovazioni in questo CD. Ciò non di meno, lo troverete molto ben suonato, con parti emozionanti e “progressive” che soddisferanno ogni fan dei Finisterre, Pink Floyd e altre band del genere. Per la maggior parte, il disco è strumentale. Le parti vocali sono accettabili – ma in Aria e vento Pellicciaro dimostra che può cantare in maniera molto espressiva ed emozionante. Questo è anche il brano migliore de Il manuale dei piccoli discorsi – le chitarre rilassanti creano un’atmosfera, molto piacevole, grandi armonie confortano l’orecchio dell’ascoltatore ed anche le parti “spaziali” non mi dispiaciono. Melodia di fine autunno è un altro classico prog-rock, con parti psichedeliche, belle melodie, linee di basso complesse e un sottile “drumming” Tutto sommato, un album prog molto ben suonato, che potrebbe essere facilmente scambiato per un’uscita degli anni ’70 – i fan del progressive non dovrebbero esitare!  Nils Herzog
Le più elementari leggi della comunicazione ci insegnano che una buona presentazione incide per l’80% sul giudizio globale. Se ancora fai parte dell’underground e scegli di presentarti al pubblico con un bellissimo nome come Distillerie di malto e di intitolare la tua opera prima Il manuale dei piccoli discorsi (dove "manuale" è la parola chiave) significa che sei un esperto di comunicazione oppure che sei dotato veramente di buon gusto. Ma qui siamo nel campo della musica ed i requisiti principali rimangono sostanza e contenuti. E se ci sono anche questi ? Beh, allora si può tranquillamente ipotizzare che questi 5 ragazzi abruzzesi passeranno dall’autoproduzione al contratto discografico nel breve volgere di qualche plenilunio.  Il loro progressive rock non è certo dei più semplici e lineari, per intenderci di quelli che si inquadrano e si etichettano facilmente al primo ascolto ma è invece molto ricco di contenuti, di situazioni e di sonorità sempre diverse, il tutto distribuito in 5 fini distillati per un totale di 48 minuti. Si ha, in verità, la sensazione del già sentito ma non perché scopiazzino selvaggiamente quanto piuttosto perché il cordone ombelicale che li lega al progressive italiano e britannico degli anni 70 è ben saldo e da lì traggono il necessario nutrimento. Sì, c'è qualcosina del Banco, dei Locanda delle fate ma anche della band verso cui ho sempre avuto un debole: i Camel. Vi assicuro che ascoltare l’iniziale Allegro con brio, Melodia di fine autunno ed Aria e vento (fantastica !!) mi ha convinto e confermato che dalle parti di Chieti regna il buon gusto: non mi riferisco solo al frequente e puntuale uso del flauto (tante altre prog-band anni 70 l’hanno utilizzato) ma soprattutto al feeling ed alla tecnica con cui Fabrizio Pellicciaro esegue gli assoli di chitarra e le ritmiche più acustiche nei tre episodi sopra menzionati. Deliziosamente latimeriano.  Sul sito ufficiale della band www.distilleriedimalto.it avete la possibilità, per soli 8 miseri euro, di accaparrarvi questo piccolo grande gioiello di italian prog con tanto di riproduzione di un quadro di Magritte accuratamente ripiegato a mo’ di booklet. Ne vale sicuramente la pena.   Luca Alberici
Questo 2001 è stato un anno davvero interessante per il progressivo tricolore, con Orme, Moongarden, Mindflower, Germinale ed altri c'è stata una folta schiera di esordienti/emergenti che fa ben sperare per il futuro. Tra questi annoveriamo con orgoglio le Distillerie Di Malto, band abruzzese autrice di un'opera prima ispirata e godibile. L'artwork che ripesca un quadro di Magritte fa da richiamo costante alla fantasia ed al surrealismo di cui sono impregnate le note di questo lavoro, il sestetto poi si comporta con estrema classe e signorilità: le influenze Genesis/PFM/Banco sono stemperate in un contesto dove la perfezione formale va a braccetto con la robustezza, i barocchismi con le melodie più accattivanti. Davvero notevoli gli intrecci chitarre/tastiere/flauto, la voce matura di Fabrizio Pellicciaro (autore dei cinque brani), gli intelligenti spunti ritmici, precisi e creativi: ad atmosfere ruvide seguono episodi più rarefatti, a delicati pastelli romantici fanno da contraltare percorsi più tortuosi. La durata dei brani è lunga e le DDM scelgono anche la strada della suite con "Aria e vento" e "5/5/1555": due ottime composizioni che testimoniano il perfetto stato di salute della band tra momenti di estatico lirismo e stacchi di grande vigore ritmico, tra aperture sinfoniche e frammenti lunatici; su tutte a mio avviso svetta la pregevole "Melodia di fine autunno", brano di indubbia maturità e fine esempio di sensibilità artistica: un intenso strumentale, raffinato e malinconico, degno dei migliori Camel. Una splendida e gradita sorpresa. Donato Zoppo
Questa è una band italiana, e il loro CD contiene solo cinque brani, ma della durata complessiva di quasi 50 minuti, quindi penso che già comprendiate il genere di musica che le Distillerie di Malto suonano. È rock progressive, intendo il VERO progressive, come quello suonato dai The Flower Kings. Sono chiaramente influenzati dal prog anni ’70, con tutti i suoi ritmi complessi e i lunghi passaggi strumentali. Il brano migliore è decisamente Aria e vento, un forte pezzo rock con grandi parti vocali. Le altre canzoni sono una sfida per tutti gli appassionati di progressive, che possono esplorare e trovare nel disco molte cose interessanti. Fareste bene a visitare il loro sito: www.distilleriedimalto.it e scriver loro all’indirizzo: info@distilleriedimalto.it.   Gabor Kleinbloesem
Sebbene Il Manuale dei Piccoli Discorsi sia stato realizzato nel 2001, ha tutti i requisiti di un album registrato trenta anni prima e si muove nella direzione del rock progressive inizi '70. Le Distillerie di Malto si sono accostate allo studio di registrazione rispecchiando il modo in cui i pezzi sono suonati in concerto. Le parti aggiuntive servono per ornare quei passaggi che non è possibile ricreare dal vivo e tutti questi elementi danno all'album un'aria rinfrescante. Il Manuale dei Piccoli Discorsi contiene cinque tracce che sono principalmente strumentali, anche se con piccole sezioni vocali, due brani sono in inglese, il resto nella lingua originaria del gruppo. Tutti i pezzi possiedono delle complessità negli arrangiamenti, con picchi e discese, luce ed ombra, ed alcune sezione liberamente avanguardistiche. Ci sono molti elementi da rimarcare nell'insieme mostrato dalle Distillerie di Malto in questo disco, particolarmente attraenti sono le sezioni di chitarra classica e flauto e la fluidità di molti dei passaggi di chitarra solistica. Come le trame tastieristiche alla Keith Emerson di Fabiano Cudazzo - vedi 5/5/1555, e l'empatia tra il batterista Maurizio Di Tollo e il bassista Salvatore Marchesani che è molto evidente. Le cose migliori de Il Manuale dei Piccoli Discorsi sono l'atmosferica, languida strumentale Melodia di fine autunno - una dolce sezione d'apertura che gradualmente si sviluppa in un pezzo alla Camel prima maniera. Aria e vento segue in uno stile simile con un tema solistico iniziale alla "Latimer/Hackett" - purtroppo la parte cantata che segue è un po' manieristica, in ogni modo la ripresa del passaggio iniziale aiuta a ristabilire il tutto. Il Manuale dei Piccoli Discorsi per molti aspetti, mi ricorda il prog rock primi anni 70, intelligentemente combinato con molti elementi e stili per creare un album che ha molte delle caratteristiche dell'era. Le prime versioni di band quali Genesis, Camel, King Crimson e VDGG tornano tutte alla mente, ma senza ricreare gli stessi suoni di nessuna in particolare. Quindi, se queste bands si trovano nella vostra collezione, fareste bene ad accaparrarvi questo Cd. Bob Mulvey
Ebbene sì, un'altra band sinfonica italiana esce lentamente fuori dal guscio. Distillerie di Malto è in giro dal 1988 e questo CDR autoprodotto è la loro prima uscita ufficiale. La formazione è tipica di un quintetto prog voce/tastiera/chitarra/basso/batteria, con l’aggiunta di parti vocali multiple e strumenti a fiato (incluso un ospite al flauto traverso). Ci sono tutti i tratti distintivi dello stile sinfonico classico; insieme ad intermezzi musicali (chitarra e tastiere, chitarra e flauto ecc.), con elementi tonali e dinamici contrastanti, ripresa di motivi e così via. La band si avventura in un’area più sperimentale, nella parte centrale di Phoebus, una sezione d’atmosfera con abbondanza di spazio, che ricorda più le improvvisazioni dei King Crimson di metà anni ‘70 che una mera riproposizione dei Genesis in un cento senso. Piuttosto che essere solamente una reminiscenza delle band degli anni ‘70 (anche se sicuramente i Genesis vengono in mente a volte), rimandano, più di altro, alle migliori band italiane degli anni ’90 come Finisterre e Aviolinee Utopia, fermo restando la loro visione musicale e le loro accattivanti melodie. Per una volta, la produzione fai-da-te non è solo una semplice presentazione musicale, perché, o la band sapeva quello che stava facendo, o è stata fortunata. È quasi imbarazzante vedere come molti grandi gruppi giovani escono dall’Italia ogni anno, mentre nessuno da questa parte dell’oceano riesce a trovarne uno. Con cinque tracce di media lunghezza, che insieme durano poco meno di cinquanta minuti di musica suonata, la fine del CD quasi sicuramente lascerà l’ascoltatore con la voglia di ascoltarne ancora.  Questa è una band che vale la pena sostenere.  Sean McFee
Una produzione italiana non può essere cattiva. Ne ho fatto spesso l'esperienza gradendo numerose recensioni. E poi, vi ricordate quei gruppi degli anni settanta di cui non citerò i nomi ma che diventarono dei miti? Questo nuovo progetto mi ha fatto venire, quindi, l'acquolina alla bocca, appena mi sono reso conto della provenienza: lo stivale. All’inizio, Allegro con brio mi ha sedotto tutto d’un fiato, richiamando gli intro dei King Crimson con break multipli e per di più superbi. Non classificherò affatto questo disco nelle nuove produzioni che si assomigliano (quasi) tutte, poiché le Distillerie di Malto mi fanno pensare ad un vecchio gruppo con un discorso pieno di nostalgia. Un breve passaggio all'organo mi ha ricordato i momenti più alti del progressive barocco, che i cinque musicisti devono conoscere a memoria. La bellezza delle sfumature si fa crescente con la comparsa di un flauto che allevia l'atmosfera. Non dimentichiamo neppure di citare alcuni passaggi all'organo e le cesure al centro di Phoebus che non fanno altro che accentuare la bellezza onirica di questo disco. Tutto si collega, senza ripetizioni, tra i cinque pezzi dell’edificio musicale, che sembra tagliato per durare a lungo. Questo CD è un puro capolavoro e, come direbbero in casa Musea, sarà probabilmente un classico del futuro. Melodia di fine autunno è pregna di magia con un aumento di potenza delle tastiere, per poi iniziare finalmente dopo tre buoni minuti. Di questo punto sono sorpreso, poiché ci si ricollega al neo-prog pieno di sintetizzatori che, in breve, si celano per ridare il suo incanto a questa composizione che profuma del bel tempo del "peace and love". Aria e vento è allo stesso modo così straordinario, con un piano arioso ed una chitarra affilata come una lama di rasoio. Un piccolo appunto: peccato che i cinque italiani non abbiano costantemente privilegiato gli strumentali, poiché confesso che la voce del cantante, ugualmente squisita, non fa che aumentare la malinconia. Indubbiamente, non arriverò mai ad essere deluso dai nostri vicini transalpini. 5/5/1555, l'ultimo pezzo (ahimè) merita delle tonnellate di complimenti poiché suonata con mestiere e ci consegna una conclusione appassionante di undici minuti che mi ricorda SINCERAMENTE i grandi gruppi del passato. Un successo totale. Thierry Larroque
Non sono sicuro di quello che mi aspettavo quando ho ricevuto Il manuale dei piccoli discorsi dalle Distillerie di Malto. Inoltre, non sono mai sicuro di cosa aspettarmi dai CD d’importazione. Il resto del mondo non ha a che fare con certe “innominate” Mega-Corporazioni, che distribuiscono tutta la musica a cui noi siamo esposti qui in America. Inutile dire che, comunque sia, quello che distribuiscono a noi, ignari plebei, non è buona musica, e sicuramente non è progressive! Tutti sappiamo che c’è una larghissima varietà di musica da ascoltare nella maggior parte del resto del mondo. Ma questo CD autoprodotto, non mi dava nessuna idea di quello che mi aspettava. Dopo il primo ascolto, la mia impressione iniziale di questa band era che mi ricordava un mix tra i Supertramp e i Deep Purple. Originale, sì, ma non intendevo dire che il loro sound somiglia a qualcuno dei due. C’è più stile nella scrittura. Le canzoni sono lunghe e fluenti. Ben scritte e ben suonate. Non è quel tipo di musica – il progressive rock – che si ascolta negli States. Questa è più sinfonica nella sua natura. Ci sono solo cinque tracce nel CD, e la mia favorita dovrebbe essere la terza: Melodia di fine autunno. È un pezzo molto fresco che comincia in modo ampio e malinconico e si evolve in una parte più dura che rimane comunque eterea allo stesso tempo. La produzione del CD è eccellente. Si distingue chiaramente ogni strumento. Questo può sembrare sciocco ma, per me, la limpidezza nella strumentazione è un dovere. Voglio ascoltare quello che ogni musicista sta facendo nella canzone. Penso che l’unico appunto è che, nella masterizzazione, avrebbero potuto aggiungere un po’ più di brillantezza sul suono generale. Comunque, questo è veramente un punto minore. Chi dovrebbe amare questo disco? I fan del buon progressive sinfonico. Non c’è quell’arte pacchiana di mostrarsi dei musicisti di alcune prog band. È semplicemente ottimo prog rock, specialmente per chi ama l’errante, eterea vena del prog.  Rowen Poole
E’ bello saperlo e ripeterlo all’infinito, e ciò ci stupisce sempre: l'Italia sembra produrre gruppi progressivi di qualità alla stessa velocità con la quale Paquome Hegisipe, il conte di Champignac, coltivava i funghi. Se Finisterre, Germinale, D.F.A. ed anche A Piedi Nudi rallentano o scompaiono, il cambio è garantito dalla stessa verve e da un'identità latina incomparabile. Le Distillerie di Malto trattano l’alambicco progressivo con molto savoir-faire, riprendendo le ricette che avevano fatto la felicità di Finisterre con il suo secondo album (il migliore?) aiutati da altre più antiche, prese in prestito dal re cremisi. Tra l’altro la struttura dell'album segue l'inverso della mio disegno: l'inizio è teso, rosso e saturato, le tastiere sono molto celate e sono le chitarre che tessono il tessuto musicale a forza di break, di riff, di voli e di dissonanze. Le tastiere entrano nella danza, con una virtuosità ed una sonorità puntigliosa, deviante e delirante. Così sarà per alcuni minuti ancora: un rock progressivo, potente, inventivo, cantato in inglese, che circonda, con alcuni tocchi di sinfonismo quando interviene il primo break che annuncia il colore che verrà: uno stop di flauto, signori, sì! Esiste! Immaginate che, dopo qualche riff frippiano, un flauto "camelliano" si alza (su fondo di arpeggi acustici) per trasformarsi in un’esplosione sinfonica alla Genesis. Da lì, inserite il pilota automatico: il gruppo integra le esperienze ed il lirismo dei gruppi sopra-menzionati per portarli al settimo cielo, gli ultimi tre pezzi (più di una mezz'ora!) sono cantati in italiano e l'album si bonifica (ancora) al filo dei minuti… Con una vetta massima, il pezzo 5/5/1555, vero condensato progressivo, che comincia alla Gentle Giant, si immette a piena velocità nel prog italiano degli anni 70, emerge sui Genesis di Anthony Phillips e Steve Hackett, con un richiamo ai King Crimson, per ritrovare il flauto, il lirismo dei Finisterre con un tocco celtico-latino e terminare in un assolo interminabile di chitarra che non comparerò a niente, poiché già l’ho fatto abbastanza, e se non ci credete, siatene certi, che se tutto questo continua, lascerò la casa con tutti i miei fogli e solo se voi ve ne rammaricherete, io ritornerò e tutto il mondo dirà: "è il piccolo Dr. che è partito e che si credeva disperso e che aveva riconosciuto che le Distillerie di Malto avevano grande classe". Questa band venuta dal nulla, poteva uscire soltanto da dove è uscita: dalla botte italiana, che lo dice Lagardère, vi crocifigge tra i due occhi.  Gilles Arend (Dr Lagardére)
Prologo. "Il Manuale Dei Piccoli Discorsi" è l'album di debutto delle Distillerie di Malto. Visitate il loro sito web per ulteriori informazioni sulla band. L'album. Bene, come sapete, ci sono cinque canzoni nell'album di debutto delle Distillerie di Malto, due delle quali cantate in inglese e tre nella lingua d'origine del gruppo. È, in ogni modo, difficile guardare queste tracce come canzoni, dato che ci sono pochi momenti cantati in ognuna di loro. Nettamente originali e diversi (meraviglioso), gli arrangiamenti strumentali dominano l'intero Cd, dato che non ci sono mai semplici accordi e suoni che fanno da tappeto alla parte vocale. Non c'è bisogno, a mio avviso, di descrivere ognuna delle cinque tracce dell'album separatamente, perché tutte sono create dentro un frame stilistico unificato (quasi monolitico!), che, in sé, appare molto originale e fresco. No, non voglio dire che la musica delle DdM (permettetemi di usare l'acronimo per abbreviare) è qualcosa di indescrivibile, ma questa sorta di new-progressive suona unica da molti punti di vista. È evidente che questi giovani italiani cercano ingegnosamente di astenersi dalle ripetizioni; evitando ogni possibile influenza nel processo creativo del loro album di debutto (!). Inizialmente, rappresenta una miscela di Classic Symphonic Progressive, Prog Metal, e Space Rock con il set completo di tutti gli ingredienti prog essenziali. È ben altra cosa come questi ragazzi usano tutti questi accorgimenti noti, ancora una volta, nello stesso processo compositivo e arrangiativo dei loro pezzi. Mentre il chitarrista ritmico, vocalista e flautista Fabrizio Pelliciaro (le cui parti vocali sono fortemente drammatiche) ed entrambi i capi della sezione ritmica (Maurizio Di Tollo e Salvatore Marchesani) lavorano in maniera diversa e virtuosistica durante tutto l'album (tutte cose che sono tipiche di una band progressiva seria), le parti dei principali solisti del gruppo Fabiano Cudazzo e Marco Angelone sono uniche. Mentre i passaggi di chitarra classica di Marco spesso mi rimandano al suono dei menestrelli medievali, i suoi assoli di chitarra elettrica sono sempre lenti, fluidi e trascinanti - incuranti del ritmo dei suoi compagni. Allo stesso modo, mentre gli assoli al piano di Fabiano sono lievemente inusuali, quasi tutti i suoi variegati (di suono, registro, velocità ecc.) assoli di sintetizzatore sembrano ululati di fantasmi. Suonando in questo modo, entrambi i suddetti solisti dimostrano un unico, almeno molto insolito, approccio agli arrangiamenti. Con strutture tipiche di rock sinfonico, ma anche con diversi sbalzi repentini di velocità, forza, potenza e parti "bombastiche" come anche discese verso "buchi neri" musicali dove ci sono solo pochi (sempre gli stessi in alcune parti, credo) suoni spettrali e passaggi molto silenziosi di chitarra classica. Tutta la musica delle DdM è attualmente basata su contrasti molto efficaci. In altre parole, tutti questi contrasti che usano nella loro musica hanno un notevole effetto (impressione!) sull'ascoltatore. Sommario. A dispetto del fatto che l'album di debutto delle DdM "Il manuale dei piccoli discorsi" è abbastanza complesso, specialmente per i Neo-fans, penso che molti di loro dovrebbero trovarlo interessante. Credo anche che la maggioranza degli amanti del prog classico (forse eccetto quei puristi che rigettano qualsiasi tipo di manifestazione Metal-Prog), lo troverebbero allo stesso modo interessante. Il fatto è che sebbene la musica delle DdM suona drammatica e a volte dark, possiede anche un'indescrivibile, sebbene ovvia, attrattiva. Credo abbia qualità ipnotiche positive. Avendo una giusta produzione e distribuzione, già l'album di esordio delle DdM dovrebbe raggiungere un pubblico abbastanza ampio. Di solito, una band mostra un potenziale creativo che dovrà sviluppare appieno nel futuro. Vladimir Menskikov
Le Distillerie di Malto si sono formate verso la fine dell'88 in una piccola città italiana, Ortona, da dove la band proviene. L'idea della band fu concepita da Fabrizio Pellicciaro e Fabiano Cudazzo - il leader Fabrizio canta, suona la chitarra, il flauto dolce e scrive le canzoni; Fabiano è il classico tastierista trascinatore ispirato alla Keith Emerson, Rick Wakeman e Vittorio Nocenzi. L'ultimo membro originale è Marco Angelone, il chitarrista che "preferisce l'essenzialità alla stravaganza". L'esperto batterista Maurizio Di Tollo entra a far parte del gruppo nel '93, e il bassista Salvatore Marchesani completa il line-up della band nel 1995. Da allora, l'unico cambio del personale delle DdM è stata la recente aggiunta del flautista Luca Latini. Tutti i membri del gruppo svolgono altre attività musicali in ambito locale. "Il Manuale Dei Piccoli Discorsi" è l'album di debutto autoprodotto. La loro musica è basata sul prog rock degli anni 70 (infatti, suonano cover dei Genesis, King Crimson, Jethro Tull etc nei concerti live) e ha una forte impronta europea. Le DdM "seguono diligentemente le regole e la grandeur" del genere progressive, e il loro scopo è di "combattere il grigiore musicale e non che circonda le giovani e un po' meno giovani generazioni". Il Cd si apre con "Allegro con Brio" che inizia con un'intensa sensazione che subito si illumina con una breve "conversazione" tra tastiera e chitarra, dopo la quale il resto della band ricomincia a suonare. La composizione, come tutte le altre tracce, cambia e si evolve continuamente e questo pezzo termina con una breve linea vocale cantata in inglese. La voce di Fabrizio è estremamente accentuata e aggiunge al testo un forte tocco di drammaticità. "Phoebus" comincia con un passaggio arioso, ma subito si dà il via al beat insistente e alla forte tinta jazzistica che supporta le liriche in inglese. Il cantato accentuato non sarà apprezzato da tutti, ma è sicuramente proprio dell'intero stile, ed io lo trovo a volte affine alla band Fruup. La parte successiva della track inizia in modo delicato ed etereo e cresce sempre di più fino ad arrivare ad un tratto puramente avanguardistico. Poi si ritorna ai ritmi pulsanti e all'ultima coppia di stofe che conclude il pezzo. Successivamente arriva un brano strumentale, "Melodia di Fine Autunno" che mostra atmosfere tranquille. È un bel brano che i fans degli Enid ameranno sicuramente. Il feeling sereno continua in "Aria e Vento" ma la pace della musica subito si rialza. Le parole qui sono in italiano e riescono più confidenziali e chiare. Con il progredire del pezzo, la musica diventa più acuta e costretta - e accompagna una più lenta sezione vocale - il tutto in contrasto con un tono regale che esplode più avanti in un contrappunto. Verso la fine della composizione, la musica assume un'atmosfera più gioviale che dura fino alla conclusione. La traccia finale "5/5/1555" si presenta come un'operetta su Carlo De' Barberis che è innamorato della sedicenne Griselda, la figlia del Duca di Parma - ma non giudicatemi per la traduzione, ho paura che le mie infarinature di italiano siano minime! Forte parti strumentali si dividono la scena con passaggi cantati e un senso di malinconia e fato avverso filtra attraverso il brano. Con "Il Manuale Dei Piccoli Discorsi" le Distillerie di Malto hanno sicuramente raggiunto il loro scopo di creare interesse verso la musica progressive. Il loro suono sperimentale e intricato, sofisticato e particolare è probabilmente indirizzato agli amanti delle gradi band inglesi come Enid o ELP, o del prog europeo. Marisa Hill
Questi gentilissimi e simpaticissimi ragazzi abruzzesi mi hanno inviato qualche giorno fa il disco in questione, caratterizzato da forti tinte anni settanta. Io l’ho ascoltato una prima volta e devo confessare che sono rimasto stregato dal sound del gruppo: brani strumentali corrono via insieme a quelli cantati (in italiano e in inglese) in un modo entusiasmante. Infatti ogni singola nota è studiata per dare sensazioni forti all’ascoltatore. C’è molta pacatezza ovunque, ma non mancano le tirate furiose. I pezzi sono tutti di lunghezza oltre la media per un totale di circa cinquanta minuti di grande musica, fatta da grandi musicisti. I riferimenti più immediati sono le Orme e la PFM ma non manca qualche accenno folk tipico dei Tull. Visitate subito il loro sito www.distilleriedimalto.it per accaparrarvi il cd prima che qualcuno ne compri i diritti!!! Marco Lastri
Ancora una volta dall'Italia arriva un ottimo nuovo gruppo prog. Distillerie di Malto mescola, al suono moderno, influenze di gruppi classici come Biglietto per L'Inferno e Semiramis realizzando una miscela interessante di prog sinfonico di alta classe. L' unico difetto, trascurabile peró, è il cantato in inglese su alcune delle canzoni ma questo è tipico per quasi tutti i gruppi italiani che cantano in inglese. Fortunatamente la maggioranza delle canzoni è cantata in italiano, qui mi domando, perché non tutte? Nonostante ció, questa é una delle migliori uscite "progressive" del momento. Raimo Eurasto
Le Distillerie di Malto sono una prog band italiana che suona dal 1988, ma che ha realizzato il suo primo disco, Live in Temple Bar, nel 1999. Nel live le Distillerie di Malto suonano cover dei Genesis, King Crimson e Jethro Tull insieme a pezzi propri. Lo scorso anno, hanno realizzato, il loro primo lavoro in studio, interamente con materiale originale, Il manuale dei piccoli discorsi. L’influenza dei Genesis è molto evidente, anche se Phoebus mi fa venire in mente gli IQ ed i primissimi Marillon – pensando a Grendel soprattutto. Il che potrebbe farvi pensare che ho amato completamente questa track – come una fan dei Marillon. Ebbene, no. Questo è il pezzo più debole dell’album ed è come una brutta copia degli IQ/Marillon. Ottengono molto di più con il procedere del disco quando si avvicinano ai Genesis. Sebbene, vediamo qualcosa del genere anche in Phoebus – io avrei tagliato i primi tre minuti e gli ultimi due, lasciando intatto il resto. Come i Genesis classici, abbiamo delle sezioni pastorali con vari cinguettii e squittii che simulano la natura. La parte principale è costituita da un ritmo agitato ed energico.Il pezzo di apertura, Allegro con brio, vi farà pensare, verso la fine, a Watcher of the skies, (e no, non l’introduzione col mellotron). Melodia di fine autunno è un brano strumentale ottimamente arrangiato, che, comunque, non si lascia del tutto alle spalle l’influenza dei Genesis, anche se qui sembra più la prima band post-Gabriel, prima di quella pop: Wind and wuthering/Trick of the tail. Uno dei pezzi migliori dell’album. La tastiera e la chitarra qui assumono il comando, anche se arriva il momento per batteria e basso di entrare in campo. Parlando del missaggio, la produzione è appena un po’ pesante, così quando l’intera band entra, il CD distorce un po’, dando al tutto un’aria confusa. Forse, dato l’artwork del disco (che è uno stampato ripiegato a mo’ di booklet-poster), ho pensato a Manet. Infatti, anche se la copertina dell’album è molto meno impressionista di Manet, c’è un uso simile del colore secco e piatto. Il quadro usato per la cover/booklet è di René Magritte (1989-1967), dal titolo La condizione umana I (1933) – Magritte era un surrealista. Tutto questo discorrere sull’arte non mi deve far distrarre dal recensire il CD. Possiamo pensarla in due maniere: dobbiamo lamentarci che la band non è molto originale, e che ha fatto dei Genesis (ci ho sentito anche un po’ di Cirmson e Tull) l'influenza centrale e la loro rampa di lancio, o dobbiamo rallegrarci che qualcuno sta facendo ancora questo tipo di prog? È un’ardua sentenza. Devo dire che, a dispetto di una produzione tutt’altro che stellare, questo è veramente un ottimo disco. Al limite, dovrei affermare che mi piace è mi è piaciuto ascoltarlo. I pezzi strumentali sono più interessanti di quelli duri, e tra questi i brani in italiano sono più interessanti di quelli cantati in inglese. Non che non mi piaccia lo stile di Fabrizio Pellicciaro, che canta molto meglio nel suo proprio linguaggio, ma i pezzi e i passaggi strumentali danno molta più presenza al tutto. Parlando del Pellicciaro, può sembrare un modo di dire di un “Impersonal Computer”, ma si approccia al materiale differentemente in italiano. Un tocco più delicato e amichevole che ricorda meno quella di Peter Nicholls (credo debba aggiungere che, mi piacciono gli IQ, ma non sempre la voce di Nicholls). E no, non si assomiglia, eccetto stilisticamente, a quella di Peter Gabriel… bene, solo un po’ a volte.Il resto della band è: Fabiano Cudazzo alle tastiere, Marco Angelone alla chitarra elettrica e classica, Maurizio Di Tollo alla batteria e Salvatore Marchesani al basso (oggi sostituito da Giuliano Torelli), con Luca Latini ospite al flauto traverso. A proposito, prima ho menzionato i Marillon – le chiare, luccicanti linee di chitarra spesso mi rimandano a quello che Rothery faceva in Script for a jester’s tear. 5/5/1555 è il pezzo più importante dell’album. Più di 11 minuti di musica, questa suite divisa in tre movimenti racconta la storia di Carlo De Barberis, innamorato di Griselda, ma futuro sposo della figlia del Re di Francia. Suo padre lo convince a ragionare con la testa e non con il cuore. Le sezioni sono Mattina, Pomeriggio, Sera. È il pezzo più vario, con diversi bei momenti, la maggior parte dei quali sottili. Questo è in contrasto con altre parti più oscure che coinvolgono principalmente il basso. Le tastiere sono molto ben centrate nell’intero mix. Credo anche che dovremmo menzionare i King Crimson. Un segmento, verso l’ottavo minuto, ha un tocco più medievale. Alcune delle percussioni a questo punto sono un po’ umide e soffocate, e il suono non sembra propriamente azzeccato. Se avete amato l’era Genesis di Selling England by the pound, Wind and wuthering e Trick of the tail, allora amerete Il manuale dei piccoli discorsi. Stephanie Sollow
L'invasione del new metal sembra aver fatto esplodere un big bang di rabbia, perfidia ed aggressività che se da una parte riflette bene il mondo (soprattutto quello giovanile) dall'altra fa disperdere l'emotività, la riflessione; fa dimenticare il valore della fantasia, dell'immaginazione, dei sentimenti. Se è di questo che avete bisogno e non sapete dove trovarlo fermatevi qui, all'album d'esordio di questo promettente sestetto abruzzese, le Distillerie di Malto: lp rigorosamente autoprodotto, prog rock al massimo dell'ispirazione e dell'afflato creativo, distillato con sapiente dovizia e con la giusta carica, con esperta capacità e con gioiosa fantasia. 5 i brani in cui le influenze Genesis/King Crimson sono miscelate in un calderone di profumi ed essenze tipicamente italiane: le sinuose evoluzioni chitarra/tastiere di "Allegro con brio", le possenti variazioni ritmiche e l'atmosfera surreale di "Phoebus", la magistrale e commovente coralità della sontuosa "Melodia di fine autunno"; ancora l'incedere sinfonico e malinconico, i cambi repentini ed aggressivi della variopinta "Aria e vento", infine la vitale e piacevole carica della sinuosa suite "5/5/1555", queste sono piccole cose ma preziose, che non si dimenticano facilmente. Non perdeteli, vi stupiranno non poco, fidatevi. Donato Zoppo Il rock progressivo italiano vanta una tradizione ormai trentennale. Oltre gli storici gruppi che negli anni ’70 hanno sfornato lavori di incredibile bellezza, non bisogna dimenticare l’attività dei numerosi artisti che tra lo scorso decennio e quest’inizio di millennio mantengono ancora alta la bandiera del progressive nostrano. Tra le numerose band affacciatesi nel panorama degli ultimi anni, le Distillerie di Malto sono senza dubbio una di quelle realtà da tenere d’occhio. Questo gruppo abruzzese è stato infatti una delle rivelazioni del 2001, grazie all’album d’esordio intitolato Il manuale dei piccoli discorsi, un’autoproduzione sorprendente, sia per la qualità del suono, davvero notevole trattandosi di un lavoro “fatto in casa”, sia per il valore musicale (con una nota di merito che va fatta anche per la scelta dell’artwork che presenta in copertina un’opera del surrealista René Magritte). Le Distillerie di Malto sono attive dal finire degli anni ’80 e vantano una discreta carriera concertistica, ma per problemi di vario tipo solo lo scorso anno sono riusciti finalmente a registrare un album vero e proprio. Si attende ora un ulteriore salto di qualità, che dovrebbe essere favorito dalla sottoscrizione di un contratto per una nuova label interessata a promuovere il prog italiano e che vede il coinvolgimento di Franz Di Cioccio, storico batterista della PFM. L’augurio è che questi ragazzi proseguano al meglio la strada intrapresa, visto che hanno senza dubbio appreso bene le lezioni dei King Crimson e dei Genesis, riuscendo anche a non allontanarsi eccessivamente dalla tradizione progressiva italiana. Andando ad esaminare il contenuto dell’album, fa subito impressione l’incipit Allegro con brio, che denota in maniera esplicita la vena nervosa di Fripp in quasi sei minuti di evoluzioni chitarristiche di tutto rispetto. Nei successivi brani le Distillerie di Malto amalgamano meglio le loro influenze, di modo che alle connotazioni frippiane si aggiungono passaggi romantici e intelaiature strumentali che sembrano usciti da Nursery Cryme. In Phoebus si aggiunge anche una sezione sperimentale, che, fatte le debite proporzioni, rappresenta la Moonchild della situazione. In questo brano ed in altri frangenti si evidenzia, inoltre, la presenza del flauto, che conferisce un tocco di eleganza in più. Una delizia per le orecchie, tutta da ascoltare, è Melodia di fine autunno, dolcissima all’inizio per affrontare poi un crescendo di rara intensità che porta ad un turbinio di cambi di tempo in cui può mettersi in mostra una sezione ritmica che riesce ad unire potenza, fantasia ed agilità. Sulla stessa falsariga si muovono i due brani più lunghi: Aria e vento, grazie ai suoi cambi di atmosfere che tanto affascineranno l’appassionato di prog sinfonico e 5/5/1555, in cui emerge maggiormente l’eredità del rock progressivo italiano tramandato da Banco e PFM. Da aggiungere anche che le parti vocali, pur non eccelse (si sa, i Di Giacomo e gli Stratos sono eccezioni!), sono buone ed è un altro punto a favore di questo gruppo, cui facciamo un in bocca al lupo per un futuro radioso nel prog italiano. Se volete informazioni maggiori, il consiglio è di dare uno sguardo al loro sito www.distilleriedimalto.it.  Peppe Di Spirito
Questo è il primo album, autoprodotto, del gruppo italiano Distillerie di Malto, e dimostra una straordinaria alta qualità. Nessun miracolo, se si pensa che i membri del gruppo suonano insieme dall'88. Il cd offre 5 tracce in poco meno di 50 minuti. I Nostri si cimentano anche in brani molto lunghi che sono molto piacevoli all'ascolto, ciò significa che, a dispetto della complessità delle strutture, c'è sempre un filo conduttore facilmente rintracciabile. Questo rappresenta il punto di forza dell'album, e dona molta felicità all'ascoltatore. Si sente l'inconfondibile sound italiano. Il suono puo' essere comparato ad alcuni grandi come la PFM o gli ASGARD. L'arrangiamento strumentale è molto armonico, chitarra e tastiera sono egualmente presenti, la sezione ritmica offre un lavoro molto ricco di variazioni. Il canto è fortemente espressivo, a mai noioso. I testi sono sia in inglese che in italiano. Il brano iniziale quasi completamente strumentale rende chiaro, che qui abbiamo del buon pane per i nostri denti. Il primo lampo arriva con Phoebus che contemporaneamente rappresenta anche uno dei miei favoriti dell'album, in questo momentto. Vengono elaborate con abilità la melodia e la stravagante musica strumentale, con una parte centrale improvvisata che, con un meraviglioso flauto, crea un'atmosfera idilliaca. Con "Melodia…", mi viene in mente, nei suoi primi calmi minuti, quel forte stato d'animo che mi ha trasmesso l'album Arkana dei Asgard. Un eccellente canto strumentale, dimostra la bravura dei musicisti La struttura e la linea melodica non si perdono, senza dimenticare, che la band non conclude mai con chiusure caotiche! Aria e Vento è il pezzo più lungo dell'album, ed è sicuramente il brano più emozionante. In particolare mi hanno affascinato il pianoforte dell'inizio, le parti riposanti con la chitarra acustica ed il forte canto. La canzone vive attraverso molti cambiamenti di stati d'animo ed armonie. Anche il pezzo finale non è inferiore agli altri. Il brano diviso in tre parti vive attraverso la sua drammaticità. E' molto difficile il primo ascolto perché vengono elaborati moltissimi temi. L'album cresce dall'inizio alla fine. In principio mi era sembrato buono-da-ascoltare e nient'altro. Poi l'ho considerato uno dei migliori lavori che abbia visto la luce del mondo quest'anno. Chi ama il sound italiano viene difficilmente deluso. Alla homepage ci sono tante informazioni utili ed anche un indirizzo per poterlo ordinare. Si spera di avere grandi notizie dall'Italia, dopo quest'ottimo debutto! Thorsten Gürntke
Ah, finalmente un po' di sano e buon progressive rock fatto come si deve! Nulla di trascendentale ma concepito ed eseguito PER BENE: i 6 abruzzesi (regione troppo sottovalutata...) sfornano un debut album niente male, tra Genesis, Camel e Yes, con brani azzeccati, sintetici quando serve e magniloquenti all' occorrenza. Uno su tutti la stupenda 'Melodia di fine autunno', delicato pastello ricco di inventiva e di colori che fa ben sperare per le sorti del prog tricolore. Ancora ottima è l' opener 'Allegro con brio', legata ad umori elettrici e piena di brio (appunto...) 5 composizioni mature e deliziose. Da ascoltare per bene, mi raccomando. Donato Zoppo
Ha senso, oggi, riproporre musica rock progressive, oltretutto in un panorama nazionale tanto isterico e poco disposto all’ascolto attento e meditato quanto pervaso dal musical fast food a uso e consumo di ascoltatori dai gusti poco affinati e fin troppo influenzabili? Decisamente no, se si punta al successo, anche limitato, e alla spendibilità del prodotto. Probabilmente sì, se si tratta di un atto d’amore verso questo genere così impegnativo e culturalmente circoscritto. Certamente sì, se, come in questo caso, si realizza un disco che, pur senza aggiungere nulla di nuovo alla storia ormai già scritta del progressive, raggiunge livelli di credibilità e di intensità sicuramente rispettabili. Le Distillerie di Malto (l’articolo è volutamente concordato con il sostantivo, come è uso nella tradizione progressive…), nel proporre “Il manuale dei piccoli discorsi”, riportano tra le loro influenze praticamente tutti i gruppi di rock progressivo più importanti, sia stranieri che italiani (e questi ultimi nulla avevano da invidiare ai colleghi d’oltremanica), quasi a volersi sdebitare e a voler giustificare il fatto che ciò che si andrà ad ascoltare ricade in precisi e già sperimentati stilemi. Eppure, se è chiaro che i loro ottimi ascolti comprendono, appunto, tutti i maestri e che la lezione di Genesis e, in misura minore, King Crimson è quella che ha probabilmente lasciato il segno più profondo, le coordinate di riferimento desunte dall’ascolto del disco portano, soprattutto, al nostrano Banco del Mutuo Soccorso, non solo per sonorità e arrangiamenti, ma anche per un particolare atteggiamento nella scrittura dei testi: si veda, a proposito di quest’ultimo aspetto, la storia ipotetica raccontata in “5/5/1555”, con l’ambientazione in una corte rinascimentale della sempiterna lotta tra ragioni del cuore ed esigenze, a volte crude, della realpolitik. Buona la registrazione, buoni i suoni e gli arrangiamenti, buona l’esecuzione, pur senza arrivare alle irraggiungibili vette virtuosistiche dei mostri sacri del genere: le Distillerie di Malto non vanno mai sopra le righe e riescono nel difficile compito di tenere la tecnica strumentistica al servizio dell’espressione di un’idea. Tra ritmiche dispari, cambi di tempo, cavalcate dalla robusta impostazione rock, momenti acustici e riflessivi caratterizzati spesso dall’uso dei flauti, e lunghe parti solo strumentali, le cinque tracce, tutte valide, de “Il manuale dei piccoli discorsi” scorrono riuscendo in più di un’occasione a creare una credibile macchina del tempo che riporta ai primissimi Settanta: come accade, ad esempio, negli ultimi minuti della lunga suite “Aria e vento”, con un emozionante botta e risposta contrappuntistico di tastiere e chitarra che regge tranquillamente il confronto con alcune delle pagine migliori del progressive. Una buona prova, riuscita sotto vari punti di vista, che forse risulterà anacronistica per alcuni, ma che è da considerarsi sicuramente coraggiosa e degna di attenzione. Francesco Saliola
ProgMagazine In copertina una celebre opera del maestro surrealista René Magritte; 5 lunghi brani per la durata di 50 minuti; il nome? Distillerie di Malto, il titolo? "Il manuale dei piccoli discorsi"; basterebbe questo per scatenare in ogni Prog-lover un'autentica tempesta ormonale! Ma siamo abituati a non fermarci all'apparenza, ad andare in profondità, anche se nel vedere un Cd ben presentato fa sempre piacere. Le Distillerie di Malto sono una band di Ortona, formata nell'88, di lunga esperienza e solida reputazione live: dopo concorsi e concerti (leggendarie le loro covers: "Supper's ready", "Red" e tante altre!), solo nell'estate 2001 si è giunti alla (auto) produzione di questo lavoro, debut-cd che fa ben sperare per il futuro del sestetto guidato da Fabrizio Pellicciaro. In effetti le DdM propongono un sound moderno e fresco, rinnovando per quanto possibile il Prog Rock, grazie ad una personale ed interessante visione: i brani spaziano dal nervosismo di certi King Crimson alla solennità della PFM, dal caleidoscopio dei Genesis, alle pazzie dei Gentle Giant, passando per le più oscure entità del pop italiano, senza cadere nella clonazione più facile, evitando di rincorrere soluzioni più convenzionali di certo new-prog, dando anzi notevole spazio all'aspetto lirico e ad una certa concretezza. L'incipit di "Allegro con brio" colpisce a fondo grazie ad un'esordio intriso di elettricità, opera delle chitarre di Marco Angelone e Pellicciaro (anche ottima voce!): le chitarre che richiamano alla mente il Rovescio della Medaglia e le numerose variazioni ritmiche sono entusiasmanti come la presenza dell'Hammond e le spericolate evoluzioni tastieristiche del bravo Fabiano Cudazzo! Ancora ottima è la contorta e curiosa "Phoebus", dove troviamo in grande spolvero Maurizio Di Tollo alla batteria e Salvatore Marchesani al basso, potente e pirotecnico il primo, funambolico ma preciso il secondo: qui appare anche il giovane flautista Luca Latini, grazie al quale il pezzo si arricchisce di inserti ora dolci, ora più marcati, sino ad un'intermezzo sperimentale fortemente rarefatto. Le DdM davvero non sfigurano accanto a più recenti bands italiane come Malibran e Divae, con le quali sono molti i punti in comune, vedi la versatilità e la concretezza, le ricorrenti tinte hard e un'ineccepibile preparazione tecnico-esecutiva. Basta ascoltare "Melodia di fine autunno", lungo momento strumentale dove tra richiami ai Genesis ed ombre di Pop italiano (Orme e Locanda delle Fate su tutti) la band dispensa sensibilità e maturità compositiva: l'esordio è dolce ed elegiaco, si passa per un intenso crescendo corale fino ad una liberatoria fuga dove i "distillatori" si confermano veri alfieri di certo rock romantico ma intelligente, alla Camel per intenderci. Un grande e memorabile brano. La lunga e riflessiva "Aria e vento", tra ombre del Banco, retaggi crimsoniani e suggestioni canterburyane conferma un'ispirata e commovente vena malinconica, resa evidente anche dal limitato spazio di interventi solistici in favore di un sound più corale e compatto: ben 13 minuti fatti di cambi di tempo e di tema comunque scorrevoli ed accattivanti dove le DdM brillano e svetta la potente voce di Fabrizio Pellicciaro. Non poteva mancare la suite ed i nostri non ci deludono: "5/5/1555" è un ironico (ma non frivolo) excursus nel XVI secolo che viaggia con singolarità tra i Rush più celebrati, il flash-rock di certi Yes e le visioni più oscure dei Pink Floyd, segnando ancora una volta la bravura del sestetto nel dipingere momenti di forte impatto alternandoli a delicati pastelli acustici e medievaleggianti. Un ottimo debutto che naturalmente fa ben sperare per lo stato del Progressive tricolore. Donato Zoppo
Hört man sich manche Produktionen vorbehaltlos an, ohne eine Ahnung zu haben aus welcher Zeit sie stammen, so kann die Raterei ganz schön nach hinten losgehen. Gerade in den momentanen Zeiten von Post Rock und vielerlei Retro Strömungen, aber besonders natürlich im Prog Rock, der ja sich ja Jahren schon den Vorwurf gefallen lassen muss, nur alte Sachen wieder neu aufzuarbeiten. Und so geht es auch mit Distillerie di Malto nicht anders zu Werke, sie rühren kräftig in der 70er Prog Suppe, um dabei nach altbekanntem Rezept ein schmackhaftes Gericht zuzubereiten. Viele Zutaten wurden bestens verrührt, doch gibt es zwischendurch auch ein paar eigenartige Zwischennuancen, die einen schlucken lassen. Damit zuerst zum Schwerverdaulichen: es ist mal wieder stellenweise der Gesang, der, wenn auch nur sparsam eingesetzt, einige Ideen negativ verfärbt. Besonders fällt dies beim einzig englischsprachigen Titel auf, wo sowohl die Tonlage extrem schräg es, der Textinhalt nur beim Lesen desselbigen überhaupt verstanden werden kann. Völlig unverständlich vor allem deshalb, weil ansonsten, besonders beim dreizehnminütigen "Aria e vento", richtig guter Gesang in Landessprache erklingt Doch nun zum Positiven: der musikalischen Vielfalt, die aber dennoch stimmig und passend wirkt. Neben jede Menge 70er Flair mit wilden Keyboardläufen und mal härteren, mal verträumten Gitarren, jeder Menge südländischem Temperament, gibt es neben diesem typischen Italo Prog, folkloristische Momente mit Flöte, ebenso kurze Ausflüge in jazzige Gefilde, selbst vor recht schrägen und experimentellen Passagen macht die Band nicht halt. Des weiteren kommen zu den schwungvolleren Parts auch einige verträumte Momente, die im richtigen Augenblick der Seele Platz zum Träumen lassen. Beim ersten Anhören wirken vor allem die ersten beiden Titel noch brüchig und sperrig, was beim mehrmaligen Anhören doch an inhaltlicher Stärke gewinnt. Doch gerade der zweite Teil der CD schlägt mit voller emotionaler Breitseite trefflich herzlich zu. Leider klingen die Keyboards zu Beginn an einigen wenigen Stellen zu flach, vom Sound her irgendwie billig. Komisch eigentlich, denn die Großteil der Klangmuster wirkt stimmig und gerade im verträumten, grandios spannungsaufbauenden Instrumentaltitel "Melodia die fine autunno" perfekt auf die Gitarre abgestimmt. "Il manuale dei piccoli discorsi" hat somit jede Menge gelungene nostalgische Momente, die den Italo Prog der 70er wieder aufleben lassen. Und wenn die Italiener das nächste mal einfach auf englischen Gesang verzichten, dann gibt's sogar noch einen Punkt mehr bei der Benotung. Kristian Selm
De Italiaanse prog is er één met een rijke historie en een grote verscheidenheid aan bands. En diezelfde rijke historie blijkt een goede voedingsbodem te zijn in deze moderne tijd. Bands als bijvoorbeeld Deus Ex Machina, DFA, Finisterre of La Torre dell’ Alchimista putten allemaal uit die geschiedenis om er vervolgens ieder zijn eigen ding mee te doen. Dit debuutalbum van Distillerie Di Malto doet een poging zich bij deze groep te voegen en dat doen ze absoluut niet onaardig. Het muzikale vakmanschap van de muzikanten staat buiten kijf, zonder dat overigens één van de leden echt de hoofdrol opeist. Iedereen is ondergeschikt aan het zo goed mogelijk voor het voetlicht brengen van de composities van zanger / gitarist Fabrizio Pellicciaro. Opener Allegro Con Brio blijkt na beluistering eigenlijk een beetje een buitenbeentje te zijn op dit album. Dit betrekkelijk simpele semi-instrumentale stuk (tegen het eind word er nog even redelijk onopvallend gezongen) is behoorlijk gitaargeoriënteerd en gebaseerd op een aantal aangename gitaarriffs, waarover door gitaar en ook toetsen gesoleerd word. Het heeft een beetje een neurotisch, onrustig sfeertje. Phoebus opent met een soort dronken kermismuziekje alvorens een zelfde soort gitaarrifje als in het openingsnummer opduikt. De zang is hier wat prominenter en in het Engels en dat is jammer. Want nu valt eens te meer de matige uitspraak en oninteressante tekst op. Gelukkig vervult de zang niet echt een hoofdrol op dit album en voor we het weten zitten we dan ook in een lekker akoestisch duet tussen gitaar en fluit. De nu volgende passage laat eens te meer horen waar deze band veel naar heeft geluisterd: Locanda Delle Fate en PFM. En dit typeert ook tevens nagenoeg het hele album: goed uitwerkte symfonische rock in een warm jaren ‘70 jasje. Na een atmosferische gedeelte, waarin wel goed de spanning wordt vastgehouden, keren we weer terug naar de opening van dit stuk. De volgende track mag gerust tot de kroonjuwelen van dit album worden gerekend. Relaxt openend met tokkelend gitaarwerk en een melancholieke synthmelodie heeft dit instrumentale werk een lekker, herfstig sfeertje. Het vlotte middendeel van Melodia Di Fine Autunno is overigens het enige gedeelte waarin de toetsenist wat meer in het voetlicht treedt met flitsende sololijnen. Over het algemeen beperkt deze zich tot heel stemmig spel met een nadruk op mooie toetsentapijtjes. Zo ook in het slotdeel waar een lage gitaarmelodie het heft van hem overneemt. Diezelfde -bijna klagende- gitaar opent ook Aria E Vento. En gelijk moet ik hierbij denken aan een zelfde soort gitaarpartij in het nummer Mariner van de Rocket Scientists (te vinden op hun tweede album "Brutal Architecture"). Als de zanger zijn intrede doet, horen we die typische Italiaanse zang zoals we die al zo vaak hebben gehoord: vol overtuiging en een tikkeltje dramatisch. En net als in Phoebus is ook hier weer ruimte voor een korte akoestische interlude. Het is die mooie afwisseling tussen gedragen passages en drukker werk dat duidelijk de charme van Distillerie Di Malto is. Een zelfde charme die ook afstraalt van het afsluitende 5/5/1555. Dit nummer, maar ook de twee die hier aan vooraf gingen, hebben allen iets vertrouwds zonder dat het overigens direct jatwerk van illustere voorgangers is. Het is misschien ook wel de warme productie die aan dit vertrouwde karakter debet is. Deze Italiaanse band, die overigens al heel wat jaren bij elkaar is maar zich nu pas gerijpt genoeg vond om het eerste materiaal voor een breder publiek beschikbaar te stellen, heeft een goed debuut afgeleverd. Een duidelijke keuze voor de Italiaanse taal en misschien af en toe wat meer gepassioneerd spel van de muzikanten zou er maar zo toe kunnen leiden dat we in de toekomst een potentiële klassieker van hun kunnen verwachten. In de tussentijd zal ik nog regelmatig van dit album gaan genieten. Christian Bekhuis